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Intervista a Andrés Lasso, candidato sindaco di Firenze dei Verdi e di Senso Comune

16 Aprile 2019

Ciao Andrés, parlaci un po’ di te. Qual è la tua storia politica? Come sei arrivato all’impegno coi Verdi?

Mi sono sempre interessato di politica fin dall’epoca in cui andavo a scuola, a Panama. Erano gli anni della dittatura militare, conclusasi con l’invasione USA. Molte delle cose che succedevano mi spingevano a impegnarmi. Negli anni ’90, ormai in Italia, mi impegnai con i collettivi studenteschi da studente universitario. Nei primi anni 2000 con i movimenti del social forum e della rete di Lilluput. Non ero mai stato iscritto a un partito. Nel 2018, un panorama politico in cui mi sentivo sempre meno rappresentato, e l’urgenza delle questioni ambientali mi hanno portato ad entrare nei Verdi, un partito che a Firenze non esisteva quasi più e che insieme a un gruppo di persone che reputo molto valide abbiamo rimesso in piedi.

Ora però ci devi spiegare anche il percorso che ha portato alla tua candidatura a sindaco di Firenze …

Tutto è avvenuto molto velocemente. In pochi mesi, dalla semplice iscrizione sono passato ad essere membro dell’esecutivo fiorentino, successivamente sono andato come delegato al congresso Nazionale, e in quel contesto come gruppo fiorentino rinnovato abbiamo avuto molti riscontri positivi. In seguito, con l’avvicinarsi delle amministrative, dall’esecutivo mi hanno chiesto una disponibilità a candidarmi. Ci ho pensato un po’ anche perché si stavano vagliando varie possibilità. Ho deciso infine di sciogliere la riserva e accettare la proposta, anche perché sapevo che sarei stato contornato e supportato da un gruppo valido, quello con cui avevamo ricostruito i Verdi a Firenze.

Nel senso comune i Verdi sono spesso associati a nobili battaglie per la difesa dell’ambiente, ma considerati poco attenti ai temi economici e sociali. Senso Comune invece (con la S maiuscola) pensa che sia necessaria una battaglia che unisca ambientalismo, sviluppo economico e giustizia sociale. Un insieme di temi che abbiamo trovato attentamente riflesso nel tuo programma. Come intendi svilupparli? Puoi fare qualche esempio?

Credo che Senso Comune abbia ben chiara la necessità di mettere al centro la questione economica e finanziaria, come i Verdi hanno ben chiara la centralità della questione ambientale nelle politiche dei prossimi anni. Ritengo che le due cose vadano di pari passo. Anche perché spesso si è vista la difesa dell’ambiente come qualcosa di legato per lo più a scelte individuali. Servono però soprattutto scelte di governance, per una transizione che riguarderà necessariamente tutti gli aspetti del vivere comune. Superare un modello ecologicamente insostenibile senza discutere il modello sociale produttivo ed economico che lo ha generato rischia di essere un’impresa impossibile. Economia ed ecologia hanno un significato quasi identico: la legge sulla casa, la parola sulla casa. Fino ad ora sono andate in direzioni opposte, devono iniziare a camminare insieme. La nostra proposta sull’irpef, una rimodulazione fiscale in senso progressivo il cui gettito viene utilizzato per una mobilità sostenibile, può essere un piccolo esempio di questo approccio. In generale direi che le proposte che abbiamo, oltre ad andare nella direzione di una maggior sostenibilità ambientale, spesso generano posti di lavoro in più.

Senso Comune fin dalla sua nascita ha posto attenzione ai temi dell’intervento pubblico in economia. Il tuo slogan “l’ordinario non si appalta” ci ha da subito colpiti. Potresti spiegarlo?

Nel nostro Paese mancano dipendenti pubblici. A volte prevale una narrazione in cui il pubblico sembra sempre troppo, sempre fonte di sprechi. No, il pubblico ha bisogno di maggiori risorse quasi ovunque. In particolare per realizzare obiettivi ambiziosi di transizione ecologica e sociale. Invece si assiste al paradosso che mentre alcune direttive europee ci pongono obiettivi ambiziosi, il personale che serve per realizzarlo è minore di 20 anni fa, quando quelle direttive ancora non esistevano. Dunque ci troviamo in difficoltà anche solo a gestire l’ordinario. Sempre più questioni importanti vengono date in appalto. Nella mia visione l’appalto esterno può servire quando c’è da intervenire per qualcosa di imprevisto o per fare qualcosa di nuovo, ma la gestione dell’ordinario, in ogni ambito, dovrebbe essere fatta con del personale pubblico, scelto con concorsi, formato e aggiornato, controllato. Questo migliora la qualità del servizio, nonché la vita del lavoratore.

Come pensi sia possibile svolgere le battaglie di cui sei portatore a partire dalla dimensione locale? Non pensi sia una dimensione troppo ristretta per risolvere certe tematiche?

La dimensione locale ha un vantaggio e uno svantaggio. È quella che ha maggiore contatto con le persone e dunque con la concretezza dei problemi, al contempo è quella che ha meno leve di potere. Sulle questioni ambientali come per quelle sociali e macroeconomiche, esistono cose che può fare un comune, oltretutto un comune può lanciare buone pratiche che spronano altri comuni a seguirne l’esempio. Certo che tutto questo non basta, servono anche leggi regionali nazionali e talvolta sovranazionali. Il comune può in ogni caso farsi portavoce di istanze in modo più forte di quanto possa fare un gruppo di cittadini. Come verdi fiorentini abbiamo cominciato dal nostro territorio. Vogliamo dire la nostra però anche sul panorama nazionale, per questo alcuni di noi sono entrati nel consiglio federale.

Se dovessi indicare i principali problemi che la città ha di fronte da dove partiresti?

Direi mobilità, urbanistica, rifiuti. Ma anche mancanza di partecipazione. In generale sono stati fatti negli anni errori molto gravi, il primo che mi viene in mente è la vicenda della caserma marescialli a castello, ma se ne possono citare tanti altri. Se guardiamo alle questioni oggi sul piatto vediamo che ci sono vari pasticci: aeroporto, con la sbagliata idea della pista parallela, stazione “Forster”, questione stadio. Queste tre questioni forse sono quelle da cui partirei, oltre che dal far partire al più presto le nostre proposte su mobilità.

Anno 2029, i Verdi e Senso Comune governano Firenze da 10 anni. Cosa succede nella città del futuro?

Al netto degli scenari nazionali e internazionali, che possono condizionare le situazioni locali, immagino una Firenze in cui una casa decente non sia un lusso, perché alzando la voce si è ottenuta una legge speciale per Firenze, ponendo dei limiti ad esempio airbnb e affini e stoppando la gentrificazione della città. Immagino una Firenze in cui spostarsi in modo sostenibile non sia un miraggio, in cui ci siano 250 auto ogni 1000 abitanti anziché 500-600, una situazione insomma simile alle città del nord Europa. Immagino fiumi balneabili come a Monaco, un piano dell’alimentazione sostenibile come a Parigi, che si ripercuote in una valorizzazione del territorio agricolo intorno a Firenze e delle filiere locali, immagino una città a misura di bambino, in cui bambini dell’asilo, come avviene oggi a Zurigo, possano in sicurezza fare il tragitto casa scuola, grazie a zone 10. Una città con più verde e gestito con professionalità, insomma una città che diventa esempio e stimolo per il mondo, come lo è stato nei momenti migliori del suo ricco passato.

Finiamo con una (poco elegante) riflessione su di noi. Da un mese ormai hai iniziato la tua collaborazione con il gruppo fiorentino di Senso Comune. Cosa te ne pare? Cosa pensi che possiamo apportare alla tua candidatura?

Mi ha colpito molto positivamente il gruppo fiorentino di Senso Comune per impegno, generosità e altruismo politico. Non è comune nel panorama politico trovare soggetti che mettano avanti i contenuti ai contenitori, gli obiettivi alle strategie. Dovrebbe essere la normalità ma purtroppo non lo è.  Forse perché “il senso comune è il meno comune dei sensi” come ho sentito dire a qualcuno anni fa. Penso che questo gruppo può apportare esperienze, punti di vista, competenze. Direi che lo sta già facendo.

In bocca al lupo a Andrés, ai Verdi fiorentini, a Carlo, Matteo e a Senso Comune! #sepofà!

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