Cultura

Innovazione deve far rima con emancipazione

11 Dicembre 2018

Il problema politico dell’innovazione

Ci si interroga poco sulle implicazioni politiche dell’innovazione (e quando lo si fa spesso si sbaglia mira). Eppure se ne sente parlare molto. Forse ci siamo rassegnati a credere che l’innovazione sia uno strumento (lo strumento?) in mano alle elites per perpetrare il proprio potere. Se questo pensiero non l’avete mai avuto troverete quanto segue forse scontato, o forse no. Ma se il pensiero ha anche solo sfiorato le vostre menti, allora, forse, dovreste leggere questo articolo per conoscere con una prospettiva sull’innovazione un po’ diversa da quella più diffusa.

Il concetto di fondo è che l’innovazione sia emancipazione. Una forma di emancipazione. Una forma tra tante. Forse però a livello economico, oggi, la principale. Forse è addirittura un orizzonte…Per capire meglio questa prospettiva ci potremmo porre due domande.

  •  Cosa significa fare innovazione? Risposta: “cambiare lo status quo.”
  • Quali sono i pilastri su cui si basa l’innovazione (attuale)?Risposta: “in ordine: idee, metodo, risorse (denaro).”

L’innovazione è prima di tutto la capacità di pensare ad un futuro diverso. Per innovare poi ci vuole un metodo rigoroso (oggi l’innovazione e gli studi sui processi di relazione, lavoro, collaborazione e innovazione si stanno sviluppando alla stessa velocità dell’innovazione materiale stessa), infine ci vogliono le risorse materiali per realizzare i progetti. Già da questa prima analisi si nota come “il capitale” in questo processo (l’innovazione) arrivi per ultimo nel grado di priorità (ma non ne è escluso).

Per capire questo processo è interessante vedere alcuni esempi. Qualcuno conosce come è nata air bnb (2,6 mld dollari di fatturato nel 2017), ad esempio? Se non conoscete la storia la trovate raccontata qui (come da molte altre parti).È nata così un po’ per caso. Un esempio di genio e fortuna in un ecosistema che permette la crescita di idee potenzialmente di successo. E che dire di Apple? Forse l’esempio di sogno di business di ogni ragazzo nato dopo il 1980. Un’azienda nata da un sogno appunto, da una visione. Un’azienda nata in un garage, oggi tra le più quotate in borsa.

Amazon, Alibaba, Google, Microsoft. Sogni o mostri? Qualsiasi cosa siano…dell’Italia in questo mondo non c’è traccia, o quasi… Cosa ci siamo persi? C’è una relazione tra la crisi italiana e la mancanza (quasi) totale di innovazione (ma è davvero così poi?). Per caso ai nostri politici negli ultimi 40 anni è sfuggito qualcosa? Per caso il nostro sistema economico/burocratico (oserei dire la cultura diffusa) ostacola l’innovazione?

Vivendo l’innovazione ogni giorno, partecipando a conferenze, workshop, festival, incontrando aziende e persone che innovano sento sempre riecheggiare il mantra: ehi, l’innovazione salverà il mondo, l’innovazione renderà il mondo più bello! Questo orizzonte viene descritto quasi come inevitabile, come se l’uomo non avesse un ruolo nella possibilità o meno che il mondo si realizzi in un modo o in un altro. Questo mantra è scaccia paure; un po’ come gli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia.

L’innovazione è la parola che descrive il processo storico in cui siamo immersi e che terminerà con un nuovo assetto sociale. Quale sia questo assetto però non è assolutamente scritto. Il suo contenuto è nelle nostre mani.  L’innovazione non salverà un bel nulla, se non la inquadriamo in un processo politico o, in senso generale, in un orizzonte culturale.

L’innovazione come cambio di mentalità

Perché le persone fanno innovazione? Questo è un quesito importante a cui rispondere. Qual è il fine dell’innovazione? Oggi bisogna ammettere, al di là dei proclami, il fine ultimo è il profitto. Ammesso questo, possiamo ridurre l’innovazione ad una forma di accumulo capitalista come le altre? Credo che sarebbe un errore definirla così. Nel processo di creazione di profitto attraverso l’innovazione c’è qualcosa di diverso. La riflessione sull’innovazione si lega alla riflessione sul profitto in generale. Come ci dovremmo comportare con il problema generale del profitto infatti?

Vogliamo provare a mettere in dubbio questo caposaldo della società e parlare di necessità di un’innovazione senza la spinta dalla ricerca del profitto? Bisognerebbe ammettere che le vite delle persone (oggi) sono votate al profitto o, si potrebbe dire, al dio denaro, o in maniera passiva, o in maniera attiva. Attiva: coloro che ricercano il profitto con le loro azioni. Passiva: coloro che permettono il profitto con le loro azioni. Quindi che fare? In maniera ideale si potrebbe pensare (e si sa) che il profitto è ingiusto in senso “metafisico”; in maniera pratica però si sa che il “profitto” è il motore del mondo, oggi. Possiamo cambiare questo fatto con l’innovazione? Forse no, non con la sola innovazione almeno. Bisogna comunque mirare ad una società in cui il profitto sarà superato ed eliminato? Assolutamente sì.

Ma nel frattempo come ci comportiamo col binomio innovazione/profitto? Non mi sembra proficua la prospettiva rinunciataria che a volte si sente tra le istituzioni o tra gli imprenditori italiani: “l’innovazione non è per noi (siamo un Paese manifatturiero…), poi c’è la concorrenza sleale, ecc. ecc.” Rinunciare a competere (qualsiasi siano i principi della competizione è aver già perso). Credo che si debba accettare la sfida dell’innovazione e lottare per il cambiamento. Bisogna che l’Italia sia in grado di dimostrare di stare al passo (se non addirittura primeggiare) nella competizione attuale.

Possiamo andare oltre l’impalcatura socio teorica dell’innovazione (attuale, basata sul profitto), solo se dimostreremo di avere colto il senso profondo del processo storico in atto: l’era dell’innovazione. Insomma, come si fa a demonizzare (come si legge sui giornali) amazon perché “ruba il lavoro ai negozianti”, quando l’alternativa che abbiamo in mente è il modello precedente, forse anche pre-precedente? Se non si hanno alternative credibili le critiche (a chi innova) sono sterili. Derivano dalla paura. Dalla non comprensione dei cambiamenti in atto. Troppe volte questa logica è ancora perpetrata (si stava meglio quando si stava peggio)! Ciò non significa però che chi innova possa fare ciò che vuole (come amazon i propri dipendenti), anzi!

Se si comprendere l’evoluzione storica attuale secondo il paradigma dell’innovazione si può pensare all’innovazione come emancipazione (dalle logiche passate, dal “niente può cambiare”). La nuova innovazione prende forma dalla comprensione dei movimenti storici di lungo periodo che stanno attraversando il mondo.

Innovare infatti è (deve essere inteso come) fornire modelli alternativi a quelli attuali. Modelli alternativi che si mostrano, realizzandosi (il pilastro dell’innovazione, lo vedremo meglio dopo è dimostrare le cose con i fatti). Creare prototipi, sviluppare piattaforme, creare tecnologie, sviluppare ecosistemi; nell’ottica che si vuole. Questo è il cuore dell’innovazione. Non il profitto!

Ipotizzare un’economia diversa oggi vuol dire realizzarla. Almeno in nuce. Oggi si parla tanto di uscire dall’euro, ma è un dibattito sterile, un’ipotesi estrema e non necessaria. Perchè non si parla di inserire una criptovaluta alternativa invece? Anzi, perchè non fare un test, come si dice in gergo un MVP, su questo punto?Potremmo immediatamente verificarne gli effetti positivi (se ci sono), minimizzando i rischi. Innovare significa non avere preconcetti. Sognare, creare, testare, analizzare e correggere! Questo è il motore teorico dell’innovazione. Così essa dimostra la sua potenza.

L’innovazione si basa sul binomio concettuale: fare-imparare. Imparare facendo e agire per apprendere. In termini filosofici la res cogitans e la res extensa si riuniscono. Il piano teorico si fonde col piano reale. Il divenire è. Senza perdersi in elucubrazioni speculative, il concetto appare chiaro: oggi l’innovazione è motore di ogni cambiamento. Se ben direzionata! Il modello ipotizza-realizza-testa reiterato è la più grande innovazione teorica degli ultimi 50 anni. La teoria dell’innovazione sarà il modello d’azione in ogni campo del sapere e dell’agire, se l’esistente deve cambiare.

Il problema italiano e il suo futuro

Innovazione dunque…perché in Italia non c’è sostanzialmente innovazione? È difficile da dirsi. La sensazione è che l’ecosistema italiano sia molto lontano da un ecosistema florido per far crescere progetti innovativi. I principali problemi sono un grande distacco, quasi un’incomprensione, tra il mondo che innova (i giovani) e il mondo dell’impresa (i vecchi, il 62% degli imprenditori ha più di 55 anni). Purtroppo questo è un fatto che ha poche soluzioni politiche. Al massimo si può favorire il “fare squadra” dei giovani. O si può fare di più?

Lo Stato non aiuta l’innovazione. Questo è un problema reale su cui si può operare incisivamente. Alcuni progetti di innovazione promossi dallo Stato esistono, ma sono molto frammentari, iper burocratizzati, (a cui poi accedono sempre i soliti…), mal comunicati. I pochi progetti veramente validi sono generalmente osteggiati e portati avanti solo da ragazzi realmente appassionati e volenterosi che hanno tutta la mia stima e il mio appoggio e che fanno un lavoro titanico.  Ci sono pochi sprazzi di luce nel mare in tempesta dell’economia italiana.  Siamo ancora in tempo ad innovare in questo sistema? Sì! Senza dubbio. L’innovazione infatti quando parte, divampa, come da una scintilla nasce il fuoco.

Però dobbiamo volerlo. Credere che l’innovazione sia il faro dell’evoluzione del Paese. Dobbiamo volere un Paese grande, moderno, forte, avanzato, ammirato e rispettato! L’innovazione e badiamo bene non la tecnologia (che è il supporto materiale dell’innovazione, che è invece prima di tutto culturale) è un’arma dalla doppia potenza; da una parte farà crescere l’Italia in un sistema capitalista, dall’altra potrà aprire le porte verso una società nuova.

Non è un problema che vedremo (noi), ma, per esempio, prima o poi (più poi che prima) i robot sostituiranno l’uomo in quasi tutti i lavori manuali. Che pensare allora del lavoro? Già oggi in nuce il problema andrebbe affrontato. Non si può fermare questa traiettoria della storia, ma la si può superare…modificare! Quali sono i problemi che oggi la società deve affrontare? Come si possono innovare i modelli relazionali (di ogni tipo) tra gli esseri umani? Vogliamo veramente che i social network siano il meglio delle relazioni umane che l’essere umano è riuscito ad inventare?

Dobbiamo andare oltre, dobbiamo sognare. Dobbiamo sognare (e realizzare!) città senza inquinamento, campagne senza pesticidi. L’assenza di allevamenti intensivi, abitazioni sicure e confortevoli per tutti. Spazi sociali di incontro stimolanti ed aperti. Cosa può fare l’innovazione per questo (e molto altro). Tutto? No. Molto? Sì, e forse anche di più! Iniziamo a pensare insieme. Iniziamo a credere che il futuro sarà migliore del passato, iniziamo a sognare e realizzare i sogni insieme. Non si abbia più paura di quello che verrà perché plasmeremo la società per come la vogliamo.

Più diritti, più giustizia, più tutele, più umanità, più solidarietà, più libertà! Innovare significa sognare e cambiare. Questo è quello di cui il Paese ha bisogno! Questo è ciò che noi vogliamo!

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