Cultura

Il ritorno dei partiti nell’era digitale

14 Dicembre 2020

La digitalizzazione ha coinvolto ogni aspetto della nostra vita, compresa l’organizzazione dei partiti politici. A questa rivoluzione digitale corrisponde un maggiore grado di democrazia? Risponde Paolo Gerbaudo sociologo ed esperto di comunicazione politica, direttore del Center for Digital Culture al King’s College di Londra, nel suo libro “I partiti digitali” edito da Il Mulino.

In Europa, le caratteristiche del partito digitale si ravvisano nel Movimento Cinque Stelle, in Podemos, in France Insoumise e nei partiti pirata dei paesi scandinavi.
Si tratta del superamento dei partiti tradizionali, tanto nella loro organizzazione, quanto nel loro rapporto con gli iscritti. Questa nuova forma politica nasce da una frattura, all’interno delle popolazioni, prodotta dalla rivoluzione digitale che è avvenuta in contemporanea con la crisi economica del 2008.

Mentre alcuni settori della società continuano a fare riferimento agli schieramenti tradizionali, i cosiddetti “millenials” e la “generazione z” non si sentono rappresentati e li contestano: sono gli “outsider connessi”.
Si tratta di un importante settore dell’elettorato costituito essenzialmente da giovani, con un alto livello di formazione e di utilizzo delle nuove tecnologie accompagnato, però, da uno stato di instabilità economica.
Contestano la precarietà del lavoro e rivendicano giustizia economica e trasparenza della politica, poiché la tecnologia ha prodotto nuove diseguaglianze e sdoganato subdole forme di sorveglianza e manipolazione. Mentre la struttura dei vecchi partiti è legata al territorio, con una sede centrale e sezioni locali, i partiti digitali, esistono ovunque ci sia un computer, un telefonino o un tablet.

Le vecchie formazioni politiche sono caratterizzate da un’ampia struttura burocratica, l’apparato di partito che richiede ingenti risorse economiche per sostenersi.
Il nuovo partito ha un forma snella: innanzitutto ha minori costi, l’apparato viene sostituito dalla piattaforma che lega vertice e base e dove hanno luogo quelle interazioni che un tempo si sarebbero svolte nelle varie sezioni. Iscriversi ad un movimento politico, un tempo, comportava una serie di pratiche burocratiche ed aveva un costo economico.
L’iscrizione ai partiti digitali è spesso gratuita, a volte addirittura inconsapevole. In pratica, nel data base della nuova organizzazione, risultano sia coloro che, per scelta, vi si sono iscritti, ma anche quelli che ad esempio hanno semplicemente firmato una petizione.

I “super volontari” svolgono un ruolo politico attivo, quello dei funzionari nei vecchi partiti, spesso a titolo gratuito. I “simpatizzanti latenti” costituiscono una base passiva la cui importanza è, però, fondamentale in quanto con i loro like e le loro condivisioni, moltiplicano, alla vertiginosa velocità delle start-up, la catena di trasmissione tra partito e potenziale elettorato.

In questa componente risiede tanto la forza quanto la debolezza dell’organizzazione digitale, poiché l’instabilità che caratterizza il rapporto con i suoi simpatizzanti, si traduce nella sua instabilità, dovuta ad un elettorato estremamente fluttuante.

Il partito digitale imita, sotto vari aspetti, le aziende della Silicon Valley, non solo per la sua capacità di crescita esponenziale . Integra nella sua struttura le nuove tecnologie usando le piattaforme che tanto successo hanno conferito ad aziende come Google, Facebook ed Amazon e adotta la logica dei social media con lo scopo di superare i partiti politici tradizionali, ormai lontani dalle sollecitazioni che provengono dalla popolazione.

A questo proposito è cruciale la figura dell’“iper leader” che, con la “super base” costituisce, di fatto, il partito digitale.
L’“iper leader” è un leader carismatico che utilizza i social media, come megafono per esprimere le proprie idee. Si tratta di un incrocio tra l’influencer e l’uomo politico, perché, in un contesto caratterizzato da una quasi totale sfiducia nella politica, egli cerca di ampliare iscritti e contatti. Una costante verifica del feedback sui contenuti espressi permette la modulazione degli stessi in base all’indice di gradimento.

Queste modalità corrispondono a quelle delle compagnie commerciali, per la promozione dei loro prodotti.
La “super base” è costituita dagli iscritti a cui il partito riconosce capacità decisionali che nelle organizzazioni precedenti non erano previste: eleggere direttamente il proprio leader e tutti gli organi della formazione, intervenire in discussioni sulla strategia o sull’attualità politica.
Il problema sta proprio nelle forme in cui il potere della “super base” si esprime.
I militanti hanno la possibilità:

  • di reagire ai contenuti proposti, di volta in volta dalla leadership con un sì o con un no
  • di diffondere un contenuto attraverso una condivisione, un like, un commento.

Tutto questo risponde alla richiesta di democrazia deliberativa che ha promosso la nascita di questi movimenti?

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