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Per i molti, non per i pochi. Il Labour contro l’1%

1 Novembre 2019

È partita la campagna elettorale in Gran Bretagna, dopo la convocazione di elezioni anticipate da parte dei Commons. Il premier conservatore Boris Johnson spera di portare a casa una ampia maggioranza che gli consenta in fine di concludere l’accordo sulla Brexit siglato con Bruxelles. Dalla sua ha un vantaggio significativo di 8 punti nei sondaggi. Ma ha contro di lui un Labour Party determinato a mobilitare l’elettorato con un programma molto ambizioso, e una campagna di mobilitazione di massa.

“Boris Johnson pensa di avere già vinto dopo aver fissato le elezioni durante i mesi più bui e tristi dell’anno. Ma sappia che il Labour si muoverà in ogni quartiere e centro abitato del paese con la più grande campagna popolare vista nella storia della Gran Bretagna”. Durante il suo discorso di apertura della campagna tenuto a Battersea nel sud di Londra, Jeremy Corbyn ha preso di mira l’1%, le elite del paese “che pensano che il potere gli spetti dalla nascita”. E ha promesso che il Labour una volta eletto metterà all’opera un piano socialista per risolvere le enormi diseguaglianze socio-economiche.

Nel programma del Labour figurano un grande piano di nazionalizzazioni – delle compagnie elettriche, del gas, e dell’acqua, e del sistema dei trasporti, che vengono accusate di depredare i cittadini britannici con tariffe esose e servizi scadenti; l’eliminazione delle rette universitarie, il cui aumento nel 2010 sotto il governo giallo-blu di liberali e conservatori ha condannato un’intera generazione di studenti a debiti che spesso ammontano a 50.000 sterline a persona; un’espansione dei servizi pubblici a partire dalla sanità, dalla scuola e dall’assistenza sociale; un grande piano di investimenti per affrontare l’emergenza del cambiamento climatico e tasse per i super-ricchi che cercano in tutti modi di sfuggire al loro dovere verso la società da cui traggono i loro enormi profitti.

La Brexit è chiaramente il punto dolente per il Labour, che viene accusato di aver adottato una posizione ondivaga. La policy ufficiale del partito è di indire un nuovo referendum in cui le due opzioni siano accettare un piano ben definito di uscita o rimanere nella UE. Inoltre Corbyn ha sottolineato che se gestita dai Conservatori la Brexit potrebbe portare a una privatizzazione dell’amata NHS, il servizio sanitario nazionale britannico, con Trump e le industrie farmaceutiche statunitense che già guardano con interesse a una Gran Bretagna post-Brexit. Tuttavia nonostante la apparente semplicità della proposta, questo sarà un tema su cui gli avversari sia dal campo degli Exiters che dei Remainers cercheranno di affondare i colpi, sfruttando la divisione nell’elettorato Labour tra una classe operaia a maggioranza per il Leave, e una classe media che invece vuole prevalentemente rimanere nella UE.

La campagna elettorale sarà una sfida difficilissima vista la distanza tra Labour e Conservatori, anche considerando che i risultati pessimi del Labour nelle elezioni europee dello scorso Maggio hanno raffreddato di molto l’entusiasmo; risultati dovuti in buona parte alla divisione sulla questione Brexit. Ma nel 2017 il Labour ha dimostrato la capacità di entusiasmare l’elettorato concentrando l’attenzione sulla politica interna, e su promesse di spesa sociale “a favore dei molti, non dei pochi” cosí come recita lo slogan di campagna del partito laburista. “È il momento per un vero cambiamento, un cambiamento per migliorare la condizione di tutte le nostre comunità, affinché mai più nessuno si senta abbandonato e lasciato indietro”. C’è da sperare che la capacità di campaigner di Corbyn, e la grande massa militante che è riuscito a guadagnare al Labour durante la sua leadership, gli consenta di sovvertire i pronostici e battere i conservatori di Boris Johnson.

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