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Negli USA aumenta il salario minimo (grazie a Sanders)

21 Gennaio 2021
Probabilmente conoscete tutti questa famosa frase di Gandhi: “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi tu vinci”. Gandhi, in realtà, non ha mai prounciato queste parole. La frase appartiene in realtà a Nicholas Klein, leader del movimento sindacale Amalgamated Clothing Workers of America, che nel 1914 pronunciò le seguenti parole: “Amici miei, in questa storia c’è l’intero movimento (sindacale, ndt). Prima ti ignorano. Poi ti deridono. E poi ti attaccano e ti vogliono mettere al rogo. E alla fine ti vogliono ereggere dei movimenti. E questo è quello che accadrà alll Amalgamated Clothing Workers of America.

Quando, 6 anni fa, Bernie Sanders iniziò la sua prima campagna presidenziale, l’intero Partito Democratico americano gli rise dietro. Le sue politiche, troppo estremiste per l’elettorato democratico; la sua retorica, troppo populista per fare breccia nei cuori americani. Lo stesso partito assistette con orrore alla sua quasi vittoria, nonostante corresse da perfetto sconosciuto al grande pubblico contro una delle figure più di peso del Partito, la Clinton. Il motivo di questo successo era il suo portafoglio di politiche economiche favorevoli ai più, tra cui svettava una proposta di salario minimo a 15 dollari; queste proposte fanno breccia tra gli indipendenti, e lo rendono un candidato formidabile.

Quattro anni dopo, Sanders domina gli inizi delle primarie americane, e i Democratici si affrettano a non ripetere l’errore commesso 4 anni prima dai Repubblicani, coalizzandosi in maniera coordinata (e probabilmente illegale) intorno ad un solo candidato nei tre giorni precedenti il Super Tuesday. Sanders viene battuto, ma la sua popolarità è tale che alcune delle sue battaglie vengono fatte proprie anche dal candidato centrista Biden, che proprio recentemente ha ribadito la forte volontà politica di inalzare il salario minimo a 15 dollari l’ora.

Biden fa propria questa politica perché oramai questa si è diffusa ed è diventata egemone, al punto da essere proposta da movimenti progressisti come Black Live Matters o i Fridays for the Future, nati da altri eventi e con altre finalità politiche. E Biden la fa propria anche perché la conflittualità sociale negli Stati Uniti d’America sta esplodendo. Alle proteste progressiste di quest’estate, necessarie reazioni al razzismo strutturale che permea gli USA, si è aggiunta una sempre più frequente violenza da parte dell’estrema destra americana, oramai mainstream, che si è cristallizzata attorno alla figura di Donald Trump e al culto QAnon. Questa violenza è per ora culminata nell’Assalto a Capitol Hill del 6 gennaio, un tentato colpo di stato da parte dei fedelissimi di Trump, drammaticamente sottovalutato dalle forze di sicurezza (tra i cui membri ci sono probabilmente dei simpatizzanti dell’estrema destra).

Biden ha capito che la rabbia è un sentimento diffuso negli Stati Uniti. I progressisti sono giustamente arrabbiati per il razzismo istituzionale diffuso della società americana, per i prezzi folli degli affitti nelle grandi città, per le condizioni di lavoro sempre più precarie e mal pagate. I conservatori sono arrabbiati per molti motivi condannabili, come la sfida alla supremazia bianca di cui le istituzioni americane sono intrise e il cambiamento sociale che sta avvenendo in America in senso progressista sui diritti civili. Ma ci sono anche buone ragioni di essere arrabbiati se si vive fuori dalle grande metropoli americane, come la maggior parte dei repubblicani.

Grazie alle politiche di delocalizzazione e ai tagli di spesa le cittadine americane stanno morendo. Non c’è più lavoro, delocalizzato all’estero, se non precario nei fast food e nei supermercati. Non c’è futuro, perché gli investimenti si concentrano nelle grandi città. E soprattutto non c’è speranza, perché questi gruppi non vedono come le cose potrebbero cambiare. Non a caso l’aspettativa di vita dei bianchi poveri negli USA sta crollando, grazie a un’epidemia di alcolismo, suicidi e morti da overdose di oppiacei.

Biden non può cambiare facilmente la cultura di razzismo e maschilismo che sta dietro i fatti del 6 gennaio. Ma può sgonfiare la rabbia che li sostiene con misure come il salario minimo a 15 dollari e un piano di investimenti importane, in particolare ora che il liberismo sfrenato degli ultimi decenni è in ritirata. Con il ritorno di dazi doganali vari e la crisi delle catene del valore globali sotto il covid vedremo probabilmente un ritorno della produzione industriale nei paesi occidentali, scongiurando il rischio di delocalizzazioni in risposta ad aumenti salariali. La preoccupazione di alcuni economisti di destra, cioè l’aumento della disoccupazione e dei prezzi in caso di aumento di salario minimo, non regge alla prova empirica dei fatti, vista l’ampia letteratura sul tema. Possiamo quindi aspettarci che questa politica aiuti anche le zone depresse del paese a trovare una nuova normalità fuori dal declino.

Questa politica è necessaria anche per il caso italiano. Con un salario mediano di 11.20 euro l’ora, l’Italia non può pensare di mantenere un tenore di vita, un livello dei servizi ma soprattuto un aspettativa di vita da primo mondo. L’avanzata delle destre reazionarie è facilmente paragonabile a quella americana, perché simili sono le motivazioni dietro. Momenti di crisi come quello del Covid sono occasioni perfette per implementare riforme coraggiose necessarie per mantenere il nostro paese civile, nell’economia come nei valori.

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