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Per una giustizia al servizio del popolo

22 Ottobre 2018

“Per una giustizia al servizio del popolo” è il documento di sintesi elaborato in questi mesi dal gruppo di ordinamento giuridico di Senso Comune ed offre spunti e proposte per una riforma o regolamentazione delle principali aree di interesse: costituzione repubblicana, Unione Europea, lavoro, diritto processuale penale, diritto d’autore e regolazione social network, sistema fiscale. Deve essere considerato un testo che segna un “punto di partenza” per la discussione e l’analisi all’interno di Senso Comune, e non solo, e non certo un “punto di arrivo”. Nuove aree potranno essere analizzate anche alla luce di nuove competenze e/o nuove priorità dell’agenda politica.

Diritto e giustizia nell’Italia contemporanea: c’è un giudice a Roma? 

Si fa un gran parlare di legalità, negli ultimi anni; si fa un gran parlare anche di onestà. In genere si intende il rispetto della legalità quale condizione necessaria e sufficiente al conseguimento della qualifica di onesto. L’onestà di per sé, quindi, cessa di esistere e si identifica con la conformità del proprio agire alla legge.

Questo andazzo è pericoloso. Delle due l’una: o la legge è già da sempre giusta e allora certamente è già da sempre giusto e onesto chi la rispetta; oppure la legge è un fenomeno storico, mutevole nel tempo e nello spazio, capace di affermare ingiustizie. E allora non sempre chi la rispetta in tutto e per tutto è, proprio per ciò, onesto. Ci sono notissimi episodi storici che nella disobbedienza civile, ad esempio, hanno trovato uno strumento potente di cambiamento politico e modifica normativa.

La legge può essere ingiusta e causare ingiustizie. La rigorosa onestà di chi la contesta può spingersi fino a richiedere inderogabilmente di violarla.

Senso Comune intende, sin dai primi passi della sua elaborazione giuridica, tutelare l’onestà quale carattere etico degli individui senza forzarla a diventare l’oggetto di un programma politico. Senso Comune si fonda sull’onestà intellettuale di chi ritiene che l’attuale legalità sia ingiusta, insostenibile per le fasce più deboli del popolo. Una legalità proprio per ciò illegittima, incostituzionale.

Riportare la legittimità, la giustizia di una legge o di un sistema di leggi, di un ordinamento al parametro costituzionale costituisce operazione che Senso Comune ritiene ancora attuale. Di quella specifica legalità, della legalità costituzionale occorre farsi, di nuovo, severi custodi: la Corte Costituzionale non può fare il lavoro che spetta a un popolo intero, organizzato democraticamente, sovrano sulle proprie sorti. Questo popolo non c’è, fatica a costituirsi: le condizioni che gli consentirebbero di esercitare la sovranità che gli appartiene ai sensi dell’art. 1 sono evaporate, anche per via della concorrenza tra la Costituzione e i Trattati europei, tra la Corte Costituzionale e le Corti europee. Si tratta di due progettualità divergenti e incompatibili e, per certo, sull’altare dell’ineludibile integrazione, è stata la progettualità repubblicano-democratica e italiana a cedere a quella neoliberale ed eurocratica.

Senso Comune, a fronte dei perniciosi effetti conseguiti, ribadisce che solo la Costituzione deve essere norma di riconoscimento, idonea a definire la legittimità o meno di una norma ad essa subordinata. E’ fondamentale che cessi la concorrenza, a perdere, con i Trattati europei e la governance che essi instaurano.

Partendo da tali assunti, Senso Comune intende procedere a una valorizzazione e attuazione del contenuto programmatico della carta costituzionale. Questo passaggio non può prescindere dal riconoscimento del ruolo fondamentale svolto nella nostra Costituzione dal principio di solidarietà, in opposizione al freddo schematismo di mercato imposto dall’applicazione dei Trattati europei.

In particolare, Senso Comune si impegna in una realizzazione del principio di solidarietà che vada in due direzioni: territoriale e sociale. 

Per quanto concerne la solidarietà territoriale, questa va intesa come il dovere di tutte le entità territoriali che compongono la Repubblica di partecipare allo sviluppo armonioso e globale della Nazione, ribadendone in quest’ottica l’unità e inscindibilità.

In questo senso occorre prendere atto dell’effetto deleterio provocato dalle recenti forme di regionalismo separatista che hanno trovato una culla nell’Europa delle regioni; regionalismo che si pone in netta contrapposizione con il principio di solidarietà inteso in chiave territoriale.

Uno degli esempi più eclatanti appartiene sicuramente all’esperienza italiana ed è rappresentato dall’esperienza di alcune regioni settentrionali che si sono poste come scopo originario quello della secessione, per poi declinare verso una forma di negoziazione paritetica con il Governo centrale di forme di autonomia fiscale.

L’unitarietà dello Stato e della sua azione politica non può essere oggetto di negoziazione. Tali forme di autonomia richiedono una rivisitazione profonda e globale, che parta dalla messa in discussione della stessa esistenza dell’ente regionale come ente periferico dello stato.

L’esperienza delle regioni, sia per la loro dimensione che per la vastità delle loro attribuzioni a partire dalla riforma del titolo V, ha rappresentato uno strumento di forte indebolimento dello Stato centrale, sia al proprio interno, sia nei rapporti di forza con l’UE, che non a caso sceglie la Regione come interlocutore privilegiato.

Inoltre, molto spesso, gli enti-regioni hanno rappresentato un vero e proprio bivacco per interessi particolaristici e privati fuori da ogni forma di controllo democratico. Complice di questo stato di cose sono diversi elementi tra cui spiccano: i sistemi elettorali regionali a forte matrice presidenziale; la difficoltà da parte dei cittadini di poter esercitare un controllo diretto ed effettivo a causa della vastità dell’ente in termini territoriali e di popolazione: piuttosto che di un decentramento, si è trattato di una moltiplicazione delle istanze centrali lontane dai territori.

Quando ci si riferisce invece alla solidarietà sociale, questa va intesa come il dovere di tutti i cittadini di concorrere all’emancipazione dal bisogno di tutti i cittadini, nella piena attuazione del principio di cui all’art. 3 secondo comma. 

Proprio per la realizzazione di detti obiettivi, risulta inoltre necessario polarizzare il sistema giuridico in favore del lavoro, ribadendone la centralità a scapito della rendita (in pieno ossequio dell’art. 4, comma II), e formalizzando la centralità del lavoro rispetto al capitale.

Per questo Senso Comune, in virtù di una rilettura in chiave sociale del diritto di proprietà, si impegna in primo luogo nell’introduzione di un sistema fiscale più equo, fondato sul principio di progressività nell’imposizione, puntando nel contempo a un abbassamento della pressione tributaria gravante sul lavoro. L’effettività del prelievo deve essere generale, abbattendo – stavolta con successo – la proverbiale evasione italiana; in cambio le istituzioni garantiranno la realizzazione di una condizione di pieno impiego.

Il principio lavoristico affermato dalla Costituzione, inoltre, ci impone di ritenere che al lavoratore vada garantito il diritto a un equo compenso e alle tutele previdenziali e sociali a prescindere dalla qualificazione giuridica del suo rapporto quale dipendente o parasubordinato, o ancora a prescindere se sia direttamente impiegato o somministrato. 

Per questo Senso Comune auspica la reductio ad unum delle varie figure di lavoratore che si sono  sovrapposte nel tempo, in un’ottica di razionalizzazione del mercato, garantendo la corrispondenza della realtà giuridica a quella socio-economica; promuovendo l’estensione delle garanzie per il lavoratore dipendente di cui agli artt. 36 e 38 della Costituzione a tutte le categorie di lavoratori.

“Chi dispone delle fonti [normative], dispone dell’intero ordinamento”, è stato scritto. Bene, Senso Comune intende che non lobbies e comitati, enti di fatto e commissioni ma solo il Popolo italiano, largo ed inclusivo, repubblicano e democratico, disponga delle fonti del diritto. Per un nuovo ordinamento, per una rinnovata giustizia.

Priorità

Nel quadro tutt’altro che edificante che si è rapidamente osservato, intendiamo fare nostro anche nell’ambito giuridico l’approccio alle problematiche che caratterizza il progetto di populismo democratico di Senso Comune: attenzione alle esigenze concrete e al sentire diffuso del popolo, ambizione, spirito di rottura e senso della realtà. Abbiamo individuato alcuni settori prioritari d’intervento, su cui intendiamo concentrare nel prossimo periodo la nostra elaborazione programmatica, senza escludere, tanto più con l’assorbimento nel gruppo  di nuove competenze, di allargare il campo delle proposte giuridiche. 

Costituzione

Attuazione e difesa della Carta costituzionale, non solo in senso statico, ma anche in proiezione di un avanzamento sociale, subordinando ad essa ogni altra fonte. Alcuni esempi: 

  • revisione del patto delle autonomie con un riordino delle competenze in modo più razionale e chiaro, onde evitare sovrapposizioni e conflitti con eccessivi ricorsi alla Corte costituzionale, e con un contemporaneo recupero di competenze statali (a partire dai settori della sanità e più in generale dell’erogazione dei servizi pubblici essenziali e delle prestazioni sociali); riassetto della struttura regionale dello Stato, introducendo forme di decentramento compatibili con il principio di unità e indivisibilità dello Stato, rispettose di effettive identità locali e del principio di prevalenza degli interessi pubblici espressi dal Governo centrale rispetto a quelli particolaristici di ciascun ente territoriale.
  • eliminazione dell’obbligo di equilibrio\pareggio di bilancio; ripristino di una piena subordinazione delle finanze pubbliche al perseguimento delle priorità politiche emerse nel Paese; abiura di ogni impostazione che sostituisca i parametri tecnocratici al volere popolare espresso dalla dialettica parlamentare sovrana.
  • introduzione di un vincolo di non allineamento in politica estera, consono alla condizione di media potenza regionale che strutturalmente pertiene all’Italia; 
  • rafforzamento della funzione sociale della proprietà e del preminente ruolo pubblico nell’economia, a tutela dell’interesse generale;
  • rafforzamento delle disposizioni sociali (per es., costituzionalizzazione del diritto all’abitazione) 
  • introduzione di un art. 21-bis sulla neutralità della rete, sul suo valore come bene comune e sul diritto all’accesso a internet

Unione europea e diritto internazionale dell’economia

La connessione fra centralità del lavoro, affermazione dei diritti sociali e centralità del Parlamento è messa in questione dall’evoluzione delle normative europee. L’UE ha infatti fatto proprio un modello giuridico fondato sulla governance, che riconosce un maggiore peso agli attori economici privati, limitando la sovranità nazionale degli Stati negli strumenti di controllo dell’economia volti ad attuare programmi per l’uguaglianza, il benessere e la prosperità delle maggioranze sociali; nelle altre funzioni lo Stato è poi ri-orientato e rifunzionalizzato al servizio del mercato e del profitto di minoranze. E’ necessario un forte interventismo economico dello Stato alla luce dell’art. 41 Cost. rientrando in possesso delle prerogative sovrane, riprendendo un controllo politico (ruolo del Parlamento) sulla sfera economica ed innestando in essa uno sviluppo consono alla tutela e all’avanzamento dei diritti economico-sociali, in specie dei lavoratori.

Lavoro

E’ urgente una riorganizzazione, solidarizzazione e razionalizzazione della disciplina del diritto del lavoro. Occorre riprendere la Costituzione come riferimento non solo ideale, ma vincolante e direttivo per un assetto del diritto del lavoro. La centralità del principio lavorista nell’assetto costituzionale e la collocazione dei relativi articoli nella sezione più importante e gerarchicamente decisiva di esso ne fanno un elemento su cui far perno per determinare il taglio dell’assetto economico del paese. Nello specifico, la disciplina dei rapporti di lavoro deve assicurare condizioni di lavoro dignitose e un reddito adeguato; perciò, una legislazione più rigida è necessaria, rendendo le forme contrattuali c.d. atipiche (somministrazione, tempo determinato, chiamata a ore e simili) numericamente marginali e concesse solo per i casi in cui sono effettivamente indispensabili alle necessità oggettive del processo produttivo, sanzionandone l’uso a fini opportunistici, disciplinari o di abbassamento salariale. In generale, il ruolo dello Stato di apparato che rende il diritto al lavoro accessibile a tutti rende necessario l’obiettivo del pieno impiego, da perseguire attraverso gli strumenti di controllo e direzione dei processi e con la creazione diretta di posti di lavoro per finalità di utilità sociale. Vista l’attuale varietà di lavoratori, occorre decostruire la contrapposizione classica tra lavoro autonomo e quello dipendente data la non più coincidenza tra lavoro salariato e la posizione di dipendente. Infatti, alcuni lavoratori sono in tutto o in parte proprietari dei propri strumenti di lavoro, mentre altri li prendono in prestito o in affitto dal datore di lavoro,  pur restando formalmente lavoratori autonomi. In aggiunta, a differenza della concezione classica, ad oggi un prestatore d’opera può avere più relazioni di lavoro contemporaneamente. In questo quadro in via di mutamento, il lavoro a chiamata o intermittente, l’uso dei voucher prestO INPS, i contratti di collaborazione con notula sono diventati la norma per regolare rapporti di lavoro che, ormai, di “occasionale e temporaneo” non ha più niente. Non migliore è la realtà dei lavoratori autonomi: l’ideologia neoliberista che esalta la figura del lavoratore libero, in grado di giocarsi la propria partita sul mercato, ha portato alla nascita di una gamma di figure di lavoro, nè pienamente autonome, ma neanche dipendenti: il popolo delle partite iva. Nella realtà, escluse poche professionalità di nicchia, la gran parte dei lavoratori autonomi è rappresentata da persone che non trovano altra forma di occupazione e sono costrette a rinunciare alla condizione di dipendente.

Amministrazione pubblica al servizio del popolo

Proponiamo un’amministrazione democratica, attraverso il ritorno a vertici politici eletti dai cittadini nelle Province, e un ripensamento del ruolo delle autorità amministrative indipendenti; un’amministrazione aperta alla partecipazione dei cittadini alle decisioni pubbliche; imparziale, attraverso una nuova disciplina dei controlli amministrativi e del lobbying; adeguata a svolgere i propri compiti, attraverso più risorse, più personale, maggiormente qualificato in particolare nei settori giustizia, scuola, università e ricerca, funzionamento degli enti locali; ramificata in tutto il territorio, attraverso il ripensamento dei compiti e delle dimensioni delle amministrazioni centrali e locali; moderna e funzionale, attraverso l’utilizzo sistematico dei dati pubblici, delle nuove tecnologie, attraverso il ripristino dei servizi tecnici dello Stato e il potenziamento tecnico-scientifico di tutte le amministrazioni e, infine, attraverso serie politiche di eliminazione delle complicazioni procedimentali, partendo da un’analisi dei procedimenti amministrativi esistenti.

Servizi e lavori pubblici

Dai primi anni Novanta, parallelamente all’inserimento dell’Italia nel processo d’integrazione dell’UE che ha costruito i vincoli alla finanza pubblica e a funzioni fondamentali per la direzione dell’economia nazionale, l’intervento diretto dello Stato ha sempre più subito la mediazione di società di capitali di diritto privato, tanto nella sfera dei servizi pubblici locali (acqua, rifiuti, mobilità, ma anche gestione di beni culturali e strutture educative) che nei lavori pubblici per la costruzione di strade, infrastrutture e simili; si vede una decisa esternalizzazione a soggetti privati retribuiti dalla pubblica amministrazione in varie forme di concessioni o appalti, a livello nazionale e locale, che non sono che forme di privatizzazione. L’aspettativa era di aumentare l’efficienza e di risparmiare sui costi, diminuendo corruzione e burocrazia. Il bilancio di questi anni ha visto la netta smentita di tali aspettative: le forme di partnership pubblico-privato hanno comportato ingentissimi costi rispetto ai risultati conseguiti, una sostanziale diminuzione dei controlli di legalità sui processi, fenomeni corruttivi amplissimi e scarsa incisività, visto la formazione di reti di sub-appalti, con frequenti rallentamenti e minor tutela dei lavoratori. Tale strutturazione consente di scaricare la competizione fra soggetti sugli ultimi anelli della rete, in specie sui lavoratori. Si può serenamente parlare di fallimento di questo modello. 

A fronte di tutto ciò, Senso Comune crede che vada intrapreso un deciso percorso di rinazionalizzazioni e reinternalizzazione di competenze e funzioni in seno allo Stato, nelle articolazioni periferiche dei ministeri o in enti locali di diritto pubblico. Le PPP vanno abolite o rese marginali. Presupposti fondamentali di tale inversione di tendenza sono il ricreare all’interno del perimetro statale e/o pubblico competenze di livello adeguato e una classe dirigente in grado di determinare gli obiettivi e di vigilare sulla loro corretta realizzazione.

Edilizia popolare

Ridare un impulso all’intervento normativo in tema di edilizia popolare, con la valorizzazione creativa delle potenzialità d’istituti giuridici come superficie ed enfiteusi, dedicando una particolare attenzione ai vantaggi offerti dal modello residenziale partecipativo del community land trust. Revisione delle regole in tema di urbanistica e proprietà edilizia, così da far fronte davvero alle esigenze di un Paese che dall’edilizia ha tratto ricchezze – è vero – ma è stato anche tremendamente violentato: contrasto alle attività speculative e rafforzamento del ruolo di pianificatore razionale ed imparziale della pubblica autorità.

Funzionamento della Giustizia e diritto processuale

Senso Comune è convinta che, giunti a processo, tutti siamo uguali: quindi, non è ammissibile una differenziazione di possibilità e qualità della difesa in giudizio tra ricchi e poveri. Per questo motivo, occorre potenziare lo strumento del patrocinio a spese dello Stato, a beneficio dei non abbienti. Il settore della Giustizia manifesta da tempo tutte le sue debolezze, favorendo un sentore diffuso di malcostume, impunità dei potenti e vessazione dei più deboli. Sono indispensabili un incremento e una democratizzazione del personale, in costante formazione, e la destinazione di maggiori risorse per il funzionamento dell’apparato. Solo così sarà possibile giungere alla riduzione dei tempi medi dei giudizi.

Inoltre, non è accettabile la tendenza affermatasi da ultimo a “privatizzare” la giustizia: l’istituto della mediazione obbligatoria per le controversie civili è un oltraggio al ruolo pubblico dello Stato. Questo è inoltre l’ennesimo strumento per estorcere denaro ai cittadini che tentano l’accesso alla giustizia: tra contributi, tasse e onorari agli enti di mediazione, molti sono i cittadini che rinunciano a esser tutelati dalla legge. Si crea un clima di competizione reciproca, di violenza necessitata che porta le istituzioni al collasso e i più deboli a una condizione di sempre maggiore bisogno. Tra le priorità di Senso Comune in ambito giuridico, si approfondiranno pertanto gli elementi normativi e organizzativi di criticità nel funzionamento del processo penale e del processo civile, in un’ottica di sveltimento negli stessi nella piena garanzia dei diritti alla difesa.

In particolare, per il processo penale, proponiamo la riscrittura del Codice penale. Dopo i tanti, vani tentativi, è giunto il momento di abrogare il Codice penale fascista: occorre un nuovo codice, che assimili i principi e le priorità di valore stabiliti dalla Costituzione. Il Codice attuale, del 1930, agonizza ormai da decenni. Quello che osserviamo è un testo che non risponde più al fondamentale principio democratico di certezza del diritto. In ossequio alla sovranità della legge e alle finalità solidaristiche dello Stato, due saranno le linee guida perseguite: 1) rigorosa tassatività della fattispecie incriminatrice che non lasci margini di interpretazione a giudici ormai troppo, loro malgrado, arbitri dei destini dei cittadini; 2) rigorosa rinuncia a ogni norma incriminatrice che attraverso la repressione non faccia altro che celare il fallimento dello Stato nel prevenire il sorgere della condotta anti-sociale. Senso Comune porrà la parola fine a una giustizia penale quale tritacarne degli emarginati: sono le élites che, in un rinnovato presidio penalistico dell’economia pubblica, avranno da temere per le proprie scorribande. Con essi, anche i funzionari di Pubblica Amministrazione saranno soggetti a una rigorosa minaccia penale, chiamati come sono a un lavoro difficile di ricostruzione dello Stato. Un lavoro da condurre con disciplina e onore, come prescritto dall’art. 54 Cost.

Per Senso Comune, la certezza della pena, la sicurezza che nessun abuso resti impunito, resta il fine ultimo; da coniugarsi con idonei strumenti di risocializzazione del condannato. Per far questo non sarà eludibile un corposo rifinanziamento della struttura.

In un lavoro coordinato con la riforma del diritto sostanziale, anche in ambito processuale si rendono necessarie profonde modifiche. Due le priorità: 1) celerità dei processi; 2) finalizzazione degli stessi all’accertamento della verità secondo legge. Senso Comune ritiene che il bilancio della riforma del Codice di Procedura del 1988 mostri molte più ombre che luci. Processi lunghi e destinati a prescrizione per chi può, rapidissimi e perentori per chi sconta condizioni di emarginazione socio-culturale, negoziazioni sulla commissione o meno del reato, negoziazioni sulle sue conseguenze, scomposte finalità deflattive dell’internamento carcerario, eccessivo potere processuale della Procura che distorce la funzione del giudice e svilisce quella della difesa. Il risultato è che sfuma la gravità del fatto commesso e si frustrano le esigenze popolari di giustizia. Una rinnovata cultura della giurisdizione e l’indicata rifondazione del diritto sostanziale preludono all’instaurazione di una nuova filosofia nell’accertamento processuale del fatto di reato.

Quanto indicato consentirà di eliminare dall’ordinamento tutta quell’odiosa e ottocentesca torsione punitiva del diritto amministrativo (DASPO e simili).

Regolazione dei social network e dei big data

Le grandi corporation tecnologiche utilizzano i big data facendo leva sulle ambiguità normative e anche sulle oggettive difficoltà di un controllo diffuso al fine di monopolizzare il mercato digitale. Riescono, così, a produrre un ingiusto profitto dalla vendita dei dati relativi alla profilazione degli utenti, ovvero, registrando e aggregando tutti quei dati raccolti, non solo attraverso le ricerche attive effettuate online, ma anche grazie alle preferenze espresse – più o meno palesemente- dai fruitori della rete sulle piattaforme social, oltre a utilizzarne i caratteri somatici e biologici.

La contropartita offerta ai navigatori è una selezione di banner pubblicitari ad hoc accompagnati da offerte promozionali mirate, ma sono così a rischio, non solo la privacy degli utenti perennemente osservati, ma soprattutto i diritti di libertà dei cittadini stessi, minacciati da società  in grado di intervenire anche sul piano politico e su quello sociale, operando al di fuori di ogni controllo ed a scapito del rispetto delle leggi.

Senso Comune, così come espresso nel suo Libretto Amaranto, intende sostenere e promuovere la capacità dello Stato d’intervenire e regolare le attività economiche e i mercati digitali devono essere inclusi in questa cornice. Per questo motivo Senso Comune propone misure articolate nel tempo per il raggiungimento di tale obiettivo.

Nel breve periodo, al fine d’interrompere l’attuale monopolio, Senso Comune propone: 1) obblighi di collettivizzazione dei dati, soprattutto per quelli di maggiore interesse pubblico; 2) sostegno pubblico a forme d’imprese cooperative che forniscono servizi digitali rispettosi dei diritti e delle libertà dei cittadini. Inoltre, nel lungo periodo, Senso Comune propone: 1)  pieno controllo pubblico delle infrastrutture tecnologiche e dei dati; 2) controllo sul commercio dei dati, la pubblica autorità ponendosi come mediatrice tra coloro che vogliono utilizzare i dati a fini di lucro e i cittadini, produttori di dati; 3) tassazione sui guadagni realizzati in Italia delle grandi aziende che operano nel web (pubblicità, transazioni B2C e i forniture di beni) attraverso piattaforme digitali  4) libero utilizzo dei dati per fini non lucrativi, nel rispetto dei diritti dei cittadini.

Diritto d’autore, marchi, brevetti e altri diritti di proprietà intellettuale

Svilupperemo un’elaborazione favorevole all’introduzione in tali materie, importantissime nel funzionamento delle economie contemporanee, di una più forte considerazione del preminente interesse pubblico, ancora carente nelle norme positive, anche in confronto alle aree classiche del diritto civile.

Sistema fiscale

Riorganizzazione del sistema tributario in senso progressivo, sviluppando un sistema d’imposizione fiscale che informi al principio di progressività anche le imposte sulle rendite, finanziarie, immobiliari e patrimoniali. Capillarità, effettività e rigorosa progressività del prelievo saranno latori di una generale redistribuzione delle ricchezze e delle potenzialità di creazione di una condizione di pieno impiego.

Conclusioni

Quello finora accennato è un programma ambizioso, che intendiamo sviluppare nei prossimi mesi e anni. Non in uno splendido isolamento: oggi più che mai è necessario l’impegno attivo di tanti colleghi giuristi che possano e vogliano mettere le loro competenze al servizio di un’idea diversa di Paese e di ordinamento giuridico: più giusti, più equi, più liberi, più democratici. Ogni contributo è benvenuto e auspicato: consapevoli della nostra non autosufficienza, se vi è un qualcosa che possiamo fare è chiamare i tanti giuristi di buona volontà, anche giovani e giovanissimi, a farsi avanti e metterci la faccia, insieme a noi, per far ripartire nel senso giusto questa nostra amata e malridotta Patria.

A cura del Gruppo Ordinamento Giuridico di Senso Comune

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