Cultura | Teoria

L’attualità di Piano A – Piano B

8 Luglio 2019

Come mai è così difficile tenere insieme l’ipotesi Piano A – Piano B nel dibattito pubblico italiano? La tattica in due passi è quella proposta, ormai da anni, da Melenchon e dalla France Insoumise. In italia viene spesso discussa e anche appoggiata, ma quando si vanno ad affrontare nei singoli aspetti le politiche da inserire nell’uno o nell’altro piano si finisce sempre per lanciare accuse incrociate di altreuropeismo o, viceversa, di settarismo no-euro.

Tuttavia, nel momento in cui si sposa la tattica del Piano A – Piano B entrambi i piani devono essere pienamente accettati e discussi per costruire effettivamente un’ipotesi concreta che possa diventare piano di governo. Salvo che questo non voglia essere un mero strumento retorico e che, quindi, uno dei due piani venga utilizzato come “specchietto per le allodole”, da una parte o dall’altra.

Certo, dopo la Grecia e il tradimento di Syriza è difficile pensare che possa essere possibile nell’UE proporre effettivamente un piano A che possa venire accettato dal centro Tedesco, ma allo stesso modo è necessario capire che il popolo non è ancora in maggioranza pronto a una rottura unilaterale con la struttura sovranazionale neoliberista chiamata Unione Europea. Proprio per questo è necessario porsi il problema di costruire un piano A che, in caso venga accettato, rappresenti effettivamente le istanze delle classi subalterne.

Allo stesso modo bisogna essere consci che qualsiasi piano A si voglia attuare nella direzione indicata, sarà avversato dalle elite dell’Unione europea che scateneranno il braccio armato dei mercati finanziari, lasciato magari libero di agire nel momento in cui la BCE decidesse di non intervenire (recentemente abbiamo visto Draghi tamponare la salita dello spread solo con alcune dichiarazioni accomodanti).

Alcune proposte, sul versante Piano A, sono state avanzate recentemente da Sergio Cesaratto [1] , tra le proposte c’è il bilancio federale e una BCE che cooperi con la politica fiscale dei governi europei, senza fissarsi su feticistiche battaglie contro i parametri di Maastricht.  L’articolo ha suscitato varie reazioni e il prof Cesaratto ha risposto con ulteriori chiarificazioni sul suo blog [2] 

Le proposte di Cesaratto si avvicinano, in parte o comunque nello spirito, a quelle del professor Massimo Amato, che si è candidato alle ultime elezioni europee con La Sinistra. Amato propone da tempo di mantenere l’euro come valuta per regolare le transazioni internazionali, sul modello del Bancor di keynesiana memoria, ma disponendo poi di monete nazionali da utilizzare sul mercato interno [3]. Più recentemente invece ha proposto, insieme a  Luca Fantacci, Ann Pettifor, l’istituzione di una “camera di compensazione” per i disavanzi commerciali, sfruttando la piattaforma TARGET2 [4].

Sia le proposte di Cesaratto che quelle di Amato sono ottime per un piano A, ma nel momento in cui si va a una contrattazione, in particolare con rapporti di forza così sfavorevoli all’Italia, è anche necessario mostrare che si è pronti a tutto per fare in modo che le proposte siano accettate. Questo essere pronti a tutto è esattamente quanto espresso nel piano B, come ha detto bene Jean-Luc Melenchon in una delle sue ultime interviste: “Tra i Trattati e la sovranità popolare sceglieremo la sovranità popolare” [5]. 

Su questo stesso blog Marco Adorni [6], nell’ultimo articolo che prende spunto da un incontro con Eric Toussaint propone una soluzione, già indicata da Fabrizio Maronta su Limes [7] : «non è minacciando di andarcene che possiamo sperare di ottenere risultati, bensì prospettando di restare a tutti i costi – sorta di whatever it takes a rovescio – e di arrecare ipso facto seri danni alla moneta unica e all’Unione»

Proprio l’articolo di Maronta però è il simbolo perfetto del fatto che, a fronte di un solido e ragionato piano A, è necessario implementare anche un altrettanto solido e ragionato (anche sul piano geopolitico, spesso messo in secondo piano se non ignorato) piano B. Maronta infatti non spiega come sarebbe possibile arrecare questi danni senza subire, immediatamente, il ricatto dei mercati finanziari volto a farci cambiare politica. Infatti il vero problema non risiede solamente nella struttura dell’Unione Europea, ma nel fatto che questa struttura lascia libertà ai mercati di agire da “mano armata” per colpire “le province ribelli” (cit. Federico Fubini [8]). Maronta stesso afferma: ”malgrado complessità e automazione [i mercati] restano pertanto costrutti umani. In quanto tali, possono fungere da coadiuvanti all’esercizio conscio e strategico del potere, piegabili – entro certi limiti – a una logica geopolitica che risente dei rapporti di forza.” Un attacco dei mercati , quindi, porterebbe a due unici esiti possibili: una resa stile Tsipras, con conseguente intervento della troika, oppure l’italexit. Visto che la prima opzione è irricevibile è necessario prepararsi alla seconda.

Sul versante “no-euro” permangono allo stesso modo criticità speculari. Prendiamo ad esempio proprio l’articolo di sollevazione che criticava quello di Cesaratto [9], verso la fine leggiamo: “Ma tutto ciò avrebbe senso solo a partire da una valutazione positiva sulla riformabilità dell’Unione europea e dell’euro. Riformabilità che invece non esiste, che è pari a zero. Non lo diciamo noi, lo dicono i fatti da tanti anni ormai.” 

Questo atteggiamento, per quanto giustificato dai fatti, risulta impolitico tanto quanto avere il piano A senza credere nella necessità di un piano B. I motivi sono molteplici, ma vorrei soffermarmi su due aspetti specifici: in primis il fatto che non basta avere ragione o avere una bella idea per fare in modo che questa si faccia strada nella società fino a diventare maggioritaria e applicabile, bisogna far sì che trovi radicamento  e far capire alle persone che quella idea, o quel ragionamento, rappresenta effettivamente degli interessi (simbolici o materiali). Questo ci porta direttamente al secondo aspetto e cioè al fatto che la posizione del “no” è troppo spesso vista solamente come ipotesi distruttiva, è necessario, invece, mettere in luce gli aspetti costruttivi prima che quelli distruttivi. Avere un mito da proporre alla collettività, insomma. Come nelle parole di Melenchon: “Ciò che noi proponiamo può essere condiviso da tutti i popoli d’Europa: priorità per l’istruzione pubblica, la sanità e l’ambiente. Il linguaggio dei diritti umani, del progresso sociale ed ecologico è universale”.  

Eurostop, allo stesso modo, per molto tempo è rimasto ancorato a una prospettiva “distruttiva”, anche se attualmente sta costruendo una teorizzazione alternativa all’UE e all’eurozona, incarnata nell’alba euromediterranea di cui Luciano Vasapollo è il principale teorizzatore [10]. Questa prospettiva ha sicuramente il merito di provare a indicare una via alternativa, che però sembra risultare tanto astratta quanto lontana rispetto all’immaginario socio-culturale italiano. In questo ravvediamo una difficoltà a problematizzare la questione nazionale, campo di lotta che viene accettato ma non sposato in pieno, con difficoltà evidenti a rappresentare la necessità del popolo di farsi stato in tutti i suoi aspetti, simbolici, materiali, giuridici.

In conclusione, ritengo che negare una delle due polarità della tattica piano A – piano B risulti deleterio, negare il piano A porta a essere impolitici e spesso troppo dogmatici, negare il piano B porta a schiacciarsi a voler lavorare dentro i trattati e quindi a venire assorbiti dalla logica neoliberale, DNA dell’Unione Europea, creando una ambiguità politica (portata avanti da tutta la sinistra italiana negli ultimi anni) che evidentemente conduce alla sconfitta.

[1] https://politicaeconomiablog.blogspot.com/2019/05/intervista-post-elettorale.html

[2] https://politicaeconomiablog.blogspot.com/2019/05/reazioni-allintervista.html

[3] “Come salvare il mercato dal capitalismo” (Donzelli, 2012)

[4] https://temi.repubblica.it/micromega-online/come-trasformare-l%E2%80%99europa-e-costruire-la-solidarieta-fra-stati-membr/

[5] https://ilmanifesto.it/melenchon-siamo-con-i-gilet-e-per-il-sovranismo-ma-del-popolo/

[6] https://senso-comune.it/rivista/stato-dellarte/whatever-it-takes-sulluso-politico-del-debito-sovrano/

[7] https://www.limesonline.com/cartaceo/per-salvarci-dobbiamo-minacciare-berlino-di-restare-nelleuro

[8] https://www.la7.it/omnibus/rivedila7/salvini-gi%C3%B9-le-tasse-per-10-miliardi-o-me-ne-vado-21-06-2019-275345

[9] https://sollevazione.blogspot.com/2019/06/caro-sergio-non-perdiamo-la-bussola-di.html

[10] https://contropiano.org/news/politica-news/2018/09/11/pigs-la-vendetta-dei-maiali-0107439

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