Cultura | Politica

Assalto al centro

11 Luglio 2018

Nostalgia del Ventennio

Gli anni della Seconda Repubblica sono stati caratterizzati da un bipolarismo odioso e duro a morire. Un bipolarismo tanto solido da non permettere l’entrata sulla scena di nuove forze politiche ed altrettanto fasullo da garantire una sostanziale continuità tra destra e sinistra. Infatti nel ventennio 1992-2013 abbiamo visto all’opera partiti e coalizioni che allegramente si alternavano in politiche di tagli al welfare, privatizzazioni e attacchi al mondo del lavoro. Questi partiti confidavano in una sola cosa: mai nulla sarebbe cambiato perché mai si sarebbe presentato un nuovo partito a far saltare il banco. È stato questo un mondo fatato e rassicurante, un mondo dove tutti potevano serenamente identificarsi, chi a destra e chi a sinistra. Ma a differenza della Prima Repubblica queste identificazioni non si basavano più sulla contrapposizione di interessi e progetti politici, esse invece dipendevano da motivi esclusivamente biografici e vagamente culturali: «mio papà è di destra», «mia madre è di sinistra». «Ho amici di sinistra», «frequento gente di destra». «Ascolto i Modena City Ramblers», «vado in discoteca». «Il kebab è buono», «il kebab è da poveri».

A cementare questa triste situazione c’era poi l’uomo più odiato d’Italia: Silvio Berlusconi. Nonostante la sinistra ne parlasse come se fosse Satana era proprio l’uomo di Arcore a rendere possibile la sacra unione tra centro-destra e centro-sinistra, in quanto l’essere contro o a favore di Berlusconi divenne, via via, l’unico discrimine tra destra e sinistra. Il punto di arrivo di questo continuo avvicinamento dei due campi politici è noto a tutti: le grandi coalizioni e i massacri sociali operati dai governi «tecnici», sotto lo sguardo complice e compiaciuto dell’Unione Europea.

La crisi, Grillo e le profezie di Fassino

Questo allegro quadretto è però andato in frantumi tra il 2008 e il 2013 e le cause principali sono state due: la crisi economica che ha sparigliato le carte e la travolgente ascesa del Movimento Cinque Stelle. Chi scrive non condivide le proposte politiche dei grillini, però al contempo è inutile nascondersi dietro ad un dito: quando Grillo diceva, con grande anticipo, che destra e sinistra (in Italia) erano la stessa cosa, aveva ragione. Quando Grillo diceva che destra e sinistra (in Italia) non rappresentavano nulla di politicamente vitale ma erano solo dei corpaccioni agonizzanti aveva ancor più ragione. In queste contraddizioni politiche, e in quelle sociali prodotte dalla crisi, il Cinque Stelle si è quindi inserito con forza inaudita, tramutando (nel 2013) il bipolarismo in un tripolarismo.

Al di là di qualunque valutazione politica non ringrazieremo mai abbastanza il Cinque Stelle per aver fatto saltare il banco. In primis perché quel mondo fatato era solo una gigantesca bolla speculativa politica, in seconda battuta perché l’ascesa dei grillini ha fatto capire tre cose fondamentali all’elettorato: 1) nulla è immutabile, le cose possono cambiare; 2) quello che avviene nelle urne è molto diverso dalla versione tutta rose e fiori che i media danno della realtà; 3) non esistono rendite di posizione eterne, chi governa male, prima o poi, sarà punito dall’elettorato. E questi principi che valevano per il PD e il PDL da ora in poi varranno anche per i grillini al governo…

L’incubo ritorna: dobbiamo difendere il tripolarismo!

Dal 2013 sono però passati già cinque anni e l’ulteriore crescita dei Cinque Stelle non ha prodotto la rivoluzione che i grillini annunciavano. Al contrario ha prodotto un rinnovato bipolarismo che rischia di bloccare il quadro politico per un altro ventennio: da una parte l’ammucchiata dei liberisti europeisti, alla quale anche la sinistra radicale rischia di accodarsi per paura della Lega; dall’altra un Frankenstein giallo-verde che mette insieme pulsioni razziste, nazionalismo da quattro soldi e tanto per cambiare la difesa dei ricchi a discapito dei gruppi sociali subalterni. A complicare ulteriormente la situazione ci sono due ulteriori fattori. Il primo è che la sinistra continua a godere di un’incomprensibile fiducia da parte di coloro che ancora credono di vivere nel mondo pre-2013: un’epoca in cui si vedeva la flessibilità come una promessa, la globalizzazione come una poesia e l’UE come il paradiso terrestre (“semicit.”). Secondo fattore di ingarbugliamento è che nel campo giallo-verde vengono affrontate (in maniera sbagliata) problematiche reali: l’assenza di investimenti pubblici produttivi; il dramma delle delocalizzazioni; l’assenza di una gestione solidale europea dei flussi migratori; la riforma Fornero ecc. ecc.. Al contrario nel campo della sinistra sembra essere sparita qualunque analisi delle disuguaglianze economiche come delle conseguenze che esse hanno avuto (ed avranno) in termini di radicalizzazione dell’elettorato.

In questo drammatico scenario si apre una sola via di fuga che consiste nel difendere con tutte le forze il tripolarismo. Dove i Cinque Stelle hanno gettato la spugna buttandosi tra le braccia del cannibale Salvini, lì dove i grillini hanno mollato, deve nascere un nuovo soggetto politico. Uno spazio gigantesco è stato lasciato sguarnito e probabilmente molti voti pentastellati cercheranno di scappare dall’abbraccio mortale tra Lega e Cinque Stelle. E altrettanto probabilmente questo elettorato non sarà affascinato da una sinistra ormai impresentabile. Inoltre non dimentichiamoci di quel 30% di astensione e di chi a sinistra non crede più al PD ma non trova altre sponde e anche di chi ha votato la Lega perché incazzato e non perché razzista.

C’è bisogno di un soggetto politico che si ponga al «centro» dello scacchiere, difendendo la Costituzione e l’interesse nazionale: né col liberismo europeista del PD, né col liberismo regressivo della Lega. C’è bisogno di un soggetto politico che voglia intercettare da una parte i giallo-verdi delusi e dall’altra tutti coloro che ogni giorno da sinistra (e non solo) rischiano di passare alla Lega. Serve un soggetto politico che si installi al «centro», dove centro non vuol dire «Democrazia Cristiana» ma affrontare i problemi centrali dell’Italia: la disoccupazione giovanile, l’emigrazione di massa, il precariato, l’assenza di piani industriali guidati dallo Stato, i tagli alla sanità e alla scuola. Problemi che la sinistra non sa più individuare e che la destra non sa risolvere se non chiudendo porti e distribuendo pistole.

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