I risultati delle amministrative sono sotto gli occhi di tutti e confermano il “trand” negativo del centrosinistra e in generale di tutta la sinistra. Fin da subito, fior di analisti politici hanno ricondotto la débâcle dei candidati “sinistri” alla situazione nazionale. Pur essendo vero che rappresentare nei territori il partito che ha mandato al ramengo conquiste sociali costruite in decenni non offra certo un utile biglietto da visita in una competizione locale, è o non è ipotizzabile la presenza di un elemento comune a tutta, o quasi, la sinistra dei “feudi rossi”, tale da comprometterne i risultati elettorali? Poiché, analizzando i risultati di tutte le precedenti tornate elettorali, appare chiaro che la destra leghista e la destra pentastellata (a seconda delle zone) fossero in crescita inarrestabile ormai da anni, la risposta alla domanda sembra orientarsi verso il “si”.
Nella totale assenza di reale analisi sulle ragioni della totale sconfitta del fu “Partito”, proverò ad indicarne una di ragione, bella grande, almeno quanto Toscana ed Emilia messe assieme: il meccanismo di spartizione clientelare dei fondi pubblici e delle “prebende” che fa coppia con il meccanismo di cooptazione delle nuove leve. Per anni, una classe dirigente “padrona a casa propria” (parliamo di Toscana, Umbria, Emilia…) ha pensato di applicare le stesse logiche di cooptazione, tipiche del “Partito” e delle sue emanazioni (parliamo dell’ARCI?), a tutto quello su cui posava mano. Ed ecco che il male che ha distrutto il più grande ex partito comunista europeo e quasi tutte le sue propaggini (a breve toglieremo anche il “quasi”) si è diffuso alla cittadinanza tutta.
Continueranno a negare l’evidenza, ma la scelta di cooptare dall’alto la nuova classe dirigente sulla base dell’allineamento alle posizioni dei “capi”, bloccando la strada ai tanti che, oggi è facile dirlo, avevano ottimamente analizzato la situazione e previsto gli esiti, ha avuto esiti nefasti: una classe dirigente “sinistra” sempre più prona di fronte al potente di turno (qualità per cui la maggior parte fece strada).
E continueranno ancora a negare l’evidenza, ma aver gestito i fondi pubblici per accontentare amici e amici di amici, evitando sapientemente di dare spazio a tutte quelle emergenze creative che per anni hanno tentato inutilmente di comunicare con questa “sinistra istituzionale”, proponendo nuovi orizzonti e nuove pratiche, ha portato ad una sola conseguenza: l’allontanamento definitivo di tante “avanguardie”, di tanti cittadini, giovani e non, che, forse ora sarà chiaro ai più, chiedevano solo di partecipare al rinnovamento di un sentire comune (che un tempo identificava l’essere di sinistra), sentire comune che sembra non esistere più, ma che forse è solo in diaspora.
Ecco: quella sinistra che ci ha tarpato le ali, che ha “pisciato” sulle nostre idee, con tutta l’arroganza di chi pensa di averlo più lungo, ma che in realtà la sta facendo controvento, è finalmente giunta al capolinea. Non possiamo certo gioire dell’affermazione di nuove destre, ma nemmeno piangiamo la fine di quella precedente.Non c’è peggior sordo di chi non vuole ascoltare, ma parla; non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere, ma indica; non c’è peggior socialista di chi non socializza, ma privatizza.
Fatevene una ragione e liberateci il campo, per sempre. Grazie.